Sembra persino difficile da credere, ma nel breve volgere di 24 mesi l'armata Brancaleone PD che aveva vinto le elezioni politiche con un modesto 25%, senza peraltro ottenere il controllo delle Camere, e poi bruciato in 24 ore due candidati Presidenti della Repubblica affossandoli con i franchi tiratori, è risorta dalle sue stesse ceneri.
In una sequenza efficacie l'iniziativa movimentista di Renzi, la cui comparsa già aveva portato il PD dal 25 al 40% dei consensi elettorali, ha prodotto: 1) una riforma del lavoro che ha subito ridato fiato alle assunzioni, dopo anni di aumento dei disoccupati, soprattutto giovani; 2) la riforma della legge elettorale che consentirà, dalle prossime elezioni, a chi vince, di governare la Camera per cinque anni con maggioranza propia e certa; 3) l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, facendo convergere sulla proposta PD consensi assai duffusi.
Renzi per la riforma del lavoro e quella elettorale ha cercato sponda in parti del centro destra, accordandosi con Alfano per il Governo e promuovendo poi il cosiddetto patto del Nazareno con Berlusconi, sollevando i dubbi e la contrarietà della minoranza interna al PD, salvo poi ricompattare il partito proponendo Sergio Mattarella Capo delo Stato.
Se la congiuntura inizierà a volgere al bello (il calo del petrolio aiuta) e l'economia segnasse una ripresa anche nel nostro Paese, sarà difficile per il PD di Renzi perdere le elezioni del 2018, scadenza sempre più probabile, considerato che non si vede chi potrebbe prima di allora provocare una crisi di Governo.
Non certo il Centro Destra (tre oggi le componenti: Alfano e galassie, - Meloni F.d'I. - Berlusconi, peraltro alle prese con la minoranza di Fitto), non il disperato Grillo, vittima della sua stessa stupidità, non il povero Salvini, desolatamente ancorato al suo doppio no a immigrati ed Euro, col quale raschierà consensi, ma anche il fondo del barile. Quanto al PD ha una minoranza interna combattiva, incardinata attorno a Bersani. Il quale non rinuncerà mai a due cose: la difesa leale dei propri punti di vista certo, ma anche l'unità del partito. Sulla vicenda Capo dello Stato avrebbe potuto rendere il colpo che gli venne inferto dai 101 due anni fa, facendogli le scarpe, ma Bersani è politico di razza e la classe non è acqua.
Piaccia o no agli avversari o ai "nemici", una cosa è evidente: il PD ha dimostrato di essere forza cardine del sistema, con una visione strategica per il Paese, non una visione miope di partito. Repetita juvant: Renzi è arrivato al potere con strategie discutibili, ma ha conquistato rispetto e gradi sul campo.
In una sequenza efficacie l'iniziativa movimentista di Renzi, la cui comparsa già aveva portato il PD dal 25 al 40% dei consensi elettorali, ha prodotto: 1) una riforma del lavoro che ha subito ridato fiato alle assunzioni, dopo anni di aumento dei disoccupati, soprattutto giovani; 2) la riforma della legge elettorale che consentirà, dalle prossime elezioni, a chi vince, di governare la Camera per cinque anni con maggioranza propia e certa; 3) l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, facendo convergere sulla proposta PD consensi assai duffusi.
Renzi per la riforma del lavoro e quella elettorale ha cercato sponda in parti del centro destra, accordandosi con Alfano per il Governo e promuovendo poi il cosiddetto patto del Nazareno con Berlusconi, sollevando i dubbi e la contrarietà della minoranza interna al PD, salvo poi ricompattare il partito proponendo Sergio Mattarella Capo delo Stato.
Se la congiuntura inizierà a volgere al bello (il calo del petrolio aiuta) e l'economia segnasse una ripresa anche nel nostro Paese, sarà difficile per il PD di Renzi perdere le elezioni del 2018, scadenza sempre più probabile, considerato che non si vede chi potrebbe prima di allora provocare una crisi di Governo.
Non certo il Centro Destra (tre oggi le componenti: Alfano e galassie, - Meloni F.d'I. - Berlusconi, peraltro alle prese con la minoranza di Fitto), non il disperato Grillo, vittima della sua stessa stupidità, non il povero Salvini, desolatamente ancorato al suo doppio no a immigrati ed Euro, col quale raschierà consensi, ma anche il fondo del barile. Quanto al PD ha una minoranza interna combattiva, incardinata attorno a Bersani. Il quale non rinuncerà mai a due cose: la difesa leale dei propri punti di vista certo, ma anche l'unità del partito. Sulla vicenda Capo dello Stato avrebbe potuto rendere il colpo che gli venne inferto dai 101 due anni fa, facendogli le scarpe, ma Bersani è politico di razza e la classe non è acqua.
Piaccia o no agli avversari o ai "nemici", una cosa è evidente: il PD ha dimostrato di essere forza cardine del sistema, con una visione strategica per il Paese, non una visione miope di partito. Repetita juvant: Renzi è arrivato al potere con strategie discutibili, ma ha conquistato rispetto e gradi sul campo.
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